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Archive for agosto 2020

Di tanto in tanto, molto raramente, vedo un film valido.

Uno che mi ha colpito particolarmente o che, comunque, ha lascia il segno è stato “Collateral Beauty” del 2016. Tale film è stato massacrato dalla critica quando è uscito nelle sale.

Leggendo le sciocche critiche mi è ritornata in mente quella frase:

“non prestare attenzione ai critici: sono perdenti che non hanno avuto successo come attori, si comportano come i soldati che, quando si accorgono di non avere fegato decidono di diventare, di mestiere, disertori”.

Bella, mi piace.

Anni prima fa avevo coniato la mia, di versione, a seguito di una conversazione avuta con un turista. Andò più o meno così:

“Ti piace lo sport?”

“Sì”

“quale guardi?”

“Mah. Ti sono sincero, non sono un esperto di sport, in realtà. L’unico sport che guardo è quello che pratico.”

“Quindi non sai dirmi chi è il tuo giocatore preferito, né tifi per qualche squadra in particolare?”

“Non mi piace passare il tempo a criticare i giocatori: sono loro che possono esprimere un giudizio sugli avversari, non gli spettatori.

Chi è spettatore di una partita non dovrebbe permettersi di giudicarla.

Per giudicare, devi avere prima la prerogativa di giocare”

“Se dici così non ti piace davvero lo sport”

“Cosa? tutt’altro. E’ solo che non piace lo sport da spettatore”

Collateral beauty è un film che a me ha colpito. E’ un film che è stato massacrato dalla critica.

La critica è capace di banalizzare tutto e ridicolizzare tutti. Il giorno dopo nessuno se ne ricorda più.

Ma dopotutto, chi è la critica? Una massa di spettatori che non hanno avuto la prerogativa di giocare. Quello che conta, invece, è che un film piace perché piace, non perché è bello.

Ed ecco cosa mi ha colpito del film.

Il dolore del padre (Will Smith) che ha perduto la figlia di 6 anni trova voce nei dialoghi che avvengono tra il protagonista con i tre personaggi immaginari:

Nei confronti della Morte:

“tutte le religioni dicono che bisogna accettarti, che sei parte del mondo. Ma qui arriva il punto: perché alla fine della giornata quello che conta è che non c’è mia figlia a stringermi la mano”

Nei confronti del Tempo:

“Tu non sei un ‘dono’, tu sei una condanna da scontare, una pena all’ergastolo”

Nei confronti dell’Amore:

“Tu mi hai tradito, non voglio più vivere con te tra i piedi”

Sono frasi, dette al Tempo, alla Morte, all’Amore, ma sono anche frasi che danno voce al sentimento che provano tanti padri ad un certo punto del loro percorso, mi riferisco a quei padri che hanno vissuto l’esperienza di perdere una figlia. E quanto sono vere quelle frasi!

E chi se ne frega della critica cinematografica. Quando si ascoltano quelle frasi, ci si sente come se si avesse finalmente trovato il modo di decodificare quello che il cuore spezzato tentava di esprimere a parole, senza riuscirci.

Le ascolto, le riascolto, ed è come aver trovato qualcuno che parla al posto mio.

Poco importa che sia un attore in un film che recita la parte: dopotutto quanti citano le poesie per esprimere i propri sentimenti perché incapaci di farlo a parole proprie? Quanti ricorrono a luoghi comuni per districarsi nel dedalo dei propri giudizi personali? Quanti usano parole d’altri per dare forma ai propri pensieri e alle proprie sensazioni?

Che male c’è se, ogni tanto, troviamo anche noi padri un film che interpreta parte del nostro dolore, e lo fa in maniera delicata, umile e con un attore come Will Smith che interpreta così intensamente la parte?

Sono sicuro che oltre al talento di attore, il requisito per una prestazione tanto verosimile è stato quello di essere padre a sua volta.

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