Guardate la nostra terra, è meravigliosa.
Immagine di Martin
…Serve un bel respiro prima di cominciare…
§ Acqua passata?
“Nessun sottosistema di un sistema finito può crescere all’infinito: è una legge fisica.”
L’annosa questione dei limiti della crescita è stata risolta con l’accettazione della verità di cui sopra.
E’ stato poi elaborato un brillante progetto sociale con cui tenerci a galla nella fase di passaggio dalla vecchia maniera di commerciare, sprecare e speculare (business as usual) verso il nuovo paradigma economico. Il progetto si chiama Transizione ed è tutt’ora in corso.. Ma le Nazioni cosa fanno nel frattempo?
Nell’ottobre del 2008, in piena crisi, il sindaco di Londra, Boris Johnson, inaugurando un enorme centro commerciale, invitava la gente ad uscire ed andare a spendere. Del resto lo stesso Presidente Bush all’indomani dell’ 11 settembre suggeriva agli americani di “uscire a fare spese”. E lo stesso suggerimento era solito darlo ancora nel Natale di 2 anni fa il presidente del consiglio come rimedio alla crisi economica: “Italiani, spendete e non risparmiate!”
Cosa aggiungere a questo sopra? Si commenta da solo.
L’economia mondiale indottrina a oltranza generazioni di colletti bianchi, di politici e finanzieri non potendo e non volendo fermarsi. Evidentemente tra noi in questa società parliamo lingue molto diverse.
§ Vedere per credere
Il modello matematico elaborato dai Meadows predice bene, seppur grossolanamente, quello che sta succedendo.
Stiamo vivendo una fase di veloce esaurimento delle risorse (curva rossa in copertina), a causa del loro eccessivo sfruttamento. Quello che ne consegue è una breve parentesi di massimo splendore della tecnologia (curva gialla in copertina): avendo noi a disposizione il maggiore flusso di materie prime e combustibili della storia dell’umanità, la popolazione che ne può beneficiare cresce e produce manufatti tecnicamente sofisticati, vive nell’opulenza, seppur sulla base di un radicato sistema economico iniquo e coercitivo, basato sulla logica della proprietà, del profitto e del potere. Il sistema economico ha anche preso una piega suicida acquisendo la dottrina del consumo ciclico, della obsolescenza pianificata e della moneta debitoria come nucleo dei suoi meccanismi. Un sistema così malato non potrebbe mai sopravvivere a lungo, è fatto per esplodere.
Il massimo di popolazione, reddito, tecnologia, cibo, produzione eccetera cade proprio nel punto di mezzo dell’esaurimento delle risorse (punto di massimo relativo della curva gialla in copertina). Passato il punto di mezzo delle riserve e dei depositi, l’estrazione di energia a basso costo rallenta, e porta ad uno squilibrio tra domanda e offerta che fa collassare il sistema economico. L’estrazione delle risorse rallenta da lì in poi progressivamente. Decresce per la prima volta anche il flusso di materie prime e risorse non rinnovabili (terreno coltivabile, banchi ittici, biodiversità vegetale, risorse forestali).
Nessun sistema economico umano può esserci al di fuori del sistema biologico entro cui vive l’uomo.
Per la prima volta nella storia, raggiunto il punto di picco, il limite alla crescita del sistema economico è dato dal processo di sgonfiamento del sistema biologico. Sta letteralmente finendo l’aria nella navicella.. non perché respiriamo troppo, ma perché la navicella si sta rimpicciolendo.
La natura sta scomparendo dalla Terra.
Il processo è inarrestabile una volta superato il punto di non ritorno climatico.
Il punto di non-ritorno climatico, a detta dei climatologi, dei meteorologi e della comunità scientifica di tutto il mondo, è demarcato dalla linea delle 300-350 parti per milione (abbreviato ppm) di anidride carbonica in atmosfera. Questa è un limite dettato dal buon senso: in nessuna epoca della storia geologica in cui è nata e cresciuta la specie umana sulla Terra la concentrazione di anidride carbonica aveva mai superato tale valore.
E’ dagli anni ottanta che abbiamo superato tale livello. Da quest’anno siamo oltre le 390 ppm.
Un altro indicatore è l’impronta ecologica mondiale, quanto velocemente distruggiamo le risorse che la natura deve ripristinare. Incisiva è l’osservazione che l’uomo non è capace di produrre il proprio ambiente vitale, sa solo distruggerlo. Ad esempio non sa produrre frutta, la frutta sboccia ogni anno sugli alberi grazie agli insetti impollinatori, non certo grazie alla “tecnologia”. L’uomo non sa produrre acqua potabile, se non a costo di dispendiosi sistemi energibori che producono maggiore CO2. Non sa nemmeno produrre ossigeno, da cui dipende per respirare. Tutte queste cose le fa per lui la biosfera. La biosfera ha risorse che sono capaci di ripristinarsi da sole, come le foreste, ma a patto che sia inferiore la velocità dell’uomo di distruggerle. Quando le due velocità si equivalgono, si dice che l’impronta ecologica è uguale a uno.
IE = 1
Tuttavia per nostra sfortuna non siamo stati attenti alla nostra impronta ecologica. Dal 1984 la nostra impronta è maggiore di quella terrestre, ed oggi siamo arrivati ad impronta ecologica di circa il 150%. Distruggiamo la Terra piu velocemente di quanto le sue risorse rinnovabili si riformano.
Tuttavia questo conteggio è molto ottimistico, perché non tiene conto della velocità di distruzione delle risorse non rinnovabili, come uranio, petrolio, gas naturale, fosfati, che non sono tenuti in conto nel calcolo dell’impronta, di cui non sappiamo fare a meno in questa nostra economia e per i quali i tempi di ripristino non sono calcolabili.
§ Le idee che sono in giro
Penso che in questo periodo, in cui il disfacimento del sistema si manifesta progressivamente sempre più visibile (e tangibile), l’idea di essere tra coloro che preparano strategie per il “politicamente inevitabile” possa essere di grande motivazione per tutti. Per chi sta sperimentando la Transizione, ma più in generale per tutti quelli che sono alla ricerca di modelli differenti (come i Gas) e che fanno “circolare idee” che potranno essere raccolte al momento opportuno da tutti gli altri.
Tim Jackson riflette abbastanza seriamente sul senso della crisi che viviamo oggi.
Per chi è angloabile e ha un po’ di tempo da perdere, come me stasera davanti il pc, consiglio un discorso in più parti di Rob Hopkins (Rob Hopkins Off Grid 2011) sul percorso che Transition sta facendo e sui punti cardini del processo culturale: localizzazione, decrescita, autosufficienza, cambiamento interiore.
Troppo povero questo paragrafo? Poche idee?
Leggerete tanto su quello che sto tentando di fare io in questi mesi. A chi mi vuole bene consiglio la bibliografia che fin’ora ho elencato nella pagina del blog, tutta, e magari da leggere di nuovo il libro di transizione di Luca Mercalli, vedi link.
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